Siamo in clima elettorale. Un balletto di personaggi politici che hanno militato nel partito comunista fanno a gara a prendere le distanze da quell’esperienza storica. Un balletto onestamente poco edificante; così come poco edificante appaiono le cialtronerie delle “destre” nel riferirsi ai comunisti che hanno distrutto l’Italia.
A parte questo increscioso spettacolo la sfida appare davvero complessa.Spesso si condisce di nostalgia poco lungimirante per il destino della nostra società. Mi riferisco in particolare al dibattito nato e non sopito in seno alla sinistra sulla falce e martello.
Ma la vogliamo far finita una volta per tutte. Non possiamo certo pretendere di ricostruire movimenti, cultura e identità politica facendo riferimento alle nostalgie delle passioni giovanili di qualche dirigente politico.
Insomma, pretendiamo che la sinistra ritorni a pensare. Cari amici della sinistra, discutiamo del limite filosofico dell’elaborazione marxista. Non in una posizione difensiva ma di crescita culturale.
Questo credo sia il lavoro degli intellettuali. Non è cero un atto che intende rinnegare pensieri e scelte, nemmeno per chi ha fatto delle grandi filosofie della storia senso vitale. Forse sarebbe il caso che qualche professore ri-cominciasse a fare corsi su Marx.
Eppoi, proviamo a dire con chiarezza che cosa pensiamo del mercato. Da qui in poi cominciamo a dire che società vogliamo. Da lì in avanti la differenza si consuma tra chi pensa ad un modello di sviluppo basato sulla crescita e chi ne vede uno basato sulla ricchezza , sulla felicità, incidentalmente sulla decrescita.