Qualche settimana fa abbiamo parlato di come possiamo evitare le frizioni nei processi di gestione della conoscenza.
Abbiamo parlato delle teorie di gestione delle conoscenza e di come la conoscenza tacita diventi esplicita attraverso i processi di socializzazione.
Abbiamo anche aggiunto che il nostro “evo” della trasformazione ci chiede qualcosa in più.
Attivare dei processi di identità collettiva. Quando parlo di identità collettiva lo intendo in senso generale: quella del nostro gruppo sociale, della nostra organizzazione, del nostro team di lavoro, della nostra impresa. Sappiamo che l’impresa E’ un gruppo sociale, con finalità di lucro, ma sempre gruppo sociale E’
Vediamo di sviluppare questo concetti.
Partiamo dall’inizio.
Se, come abbiamo visto, i processi di trasferimento delle conoscenza avvengono attivando la socializzazione
Se la conoscenza tacita, nascosta, diventa esplicita, esce, si libera e diventa, quindi, comunicabile attraverso la socializzazione.
La domanda che ci poniamo è :
che cosa possiamo fare per attivare e soprattutto accelerare i processi di socializzazione ?
Le comunità sono una risposta a questa domanda.
I riferimenti teorici di questi pensieri se volete lo potete approfondire leggendo Wenger e i suoi studi sulle comunità di pratica.
Nell’epoca dei social ci stiamo abituando al proliferare di comunità virtuali. Wenger ci ha pensato qualche annetto fa, questo è un libro del 98.
Wenger parla di comunità di pratica, non vi parlerò qui del suo corposo studio sulle comunità di pratica, vorrei solo prendere qualche spunto con una domanda.
Le comunità, a quale esigenza rispondono?
Se ci pensiamo bene le comunità sono un modo, che le persone usano, diciamo meglio, hanno sempre usato per aumentare la forza dei singoli verso un obiettivo comune. Un contesto dove si danno e ricevono contributi con UN fine : il miglioramento collettivo.
Le comunità possono essere aperte, mezze aperte, chiuse, ma alla fine quello che si crea è una specie di intelligenza condivisa che diventa un’intelligenza collettiva, dove, se ti tieni la conoscenza per te, è un limite, prima di tutto per te, poi per la comunità di cui fai parte.
C’è da dire che questo “meccanismo” , quando funziona, porta naturalmente all’eccellenza! Perché ?
Pensateci che cosa fate quando partecipate ad un gruppo?
Cercate di dare il meglio di voi. giusto ? Siete lì per dare il meglio e gli altri lo stesso come voi ! Dare il meglio per ricevere il meglio.
Quindi ogni membro della comunità scambia ciò che DI MEGLIO è in grado di “produrre” !
Ma c’è da aggiungere una cosa.
Questo scambio in condizione di “prossimità” di vicinanza che avviene nelle comunità (sia fisiche che virtuali) favorisce, non solo la “libera circolazione” delle migliori conoscenze ma induce, una specie di reciproca ATTRAZIONE tra le persone della comunità.
Come dice Jonathan Haidt nel suo libro “Felicità un’ipotesi”, commentando le teorie di Cialdini sulla reciprocità: “La strategia del do ut des deve essere cortese alla prima interazione, poi estende la possibilità di intrecciare relazioni cooperative con degli sconosciuti”.
Con quale conseguenza?
Beh ogni membro della comunità tende ad IDENTIFICARSI con il gruppo di appartenenza.
Questo processo di costruzione dell’identità collettiva non accade solo perché stiamo accanto, solo perché siamo vicini. Se ci pensate ogni volta che imparate una cosa nuova state modificando un piccolo magari infinitesimale pezzo d voi.
Ogni volta che impariamo qualcosa ci modifichiamo un po’ e se questo accade in un contesto di comunità, di fatto, modelliamo le nostra nuova identità insieme a quella dei nostri compagni di viaggio.
Insomma impariamo nuove cose, le impariamo insieme e grazie agli altri e modifichiamo noi stessi insieme agli altri!
E’ così che si creano dei fenomeni di identità collettiva.
E’ c’è da aggiungere una cosa: tutto questo processo avviene spesso in modo quasi naturale.
Mi capita, nel mio girovagare tra imprese, di assistere sempre più spesso alla nascita così spontanea di gruppi Facebook chiusi, o magari gruppi Whatsapp, anche Telegram si sta diffondendo dove le persone si confrontano, scambiano esperienze, pongono domande.
Questi atti spontanei orientati allo scambio e al miglioramento sono secondo me sempre i benvenuti soprattutto se hanno come obiettivo il miglioramento dell’azienda.
Ma una domanda sorge spontanea:
E se fossimo noi a ri-progettare l’anima delle nostre organizzazione per favorire lo sviluppo di “processi di comunità” ?
Sì, perché, abbiamo capito quanto questo sia importante per la vita, lo sviluppo delle nostre organizzazioni orientate alla conoscenza ! SOPRATTUTTO nelle fasi di trasformazione.
La trasformazione può’ essere un cammino lungo e faticoso. Se percorriamo questo cammino insieme aumentiamo l’identità del gruppo e quindi la sua forza di trasformazione!
Che ne pensate di lavorare per favorire questo processo e lavorare a ripensare le nostre organizzazioni ?
Ricordiamoci, che la trasformazione accade che lo vogliamo o no.
Se non lo fai tu lo fanno loro, i membri della nostra organizzazione.
Se lo facciamo insieme creiamo unione identità e sviluppo
Se lo facciamo separatamente… lascio a te la risposta!