Giovedì scorso come tutte le mattine, percorrevo, in bici, il tratto casa-stazione.
Poco prima di arrivare al ponte Vecchio dietro un auto parcheggiata in seconda fila sbuca un atletico podista che evito con un’agile mossa delle mia gloriosa bici.
Passo il ponte, percorro pochi metri, nell’acciottolata Via Por Santa Maria, uno sbadato pedone, forse inglese, attraversa improvvisamente la strada guardando a destra invece che a sinistra. Lo evito.
Pochi metri, via Calimala, testa rasata, giacca nera di velluto, jeans nuovi, cammina in mezzo alla strada nelle mia stessa direzione di marcia.
Scarto improvviso verso destra, evito anche lui.
Attraverso Piazza della Repubblica, all’ingresso di Via del Sole, un altro pedone, distratto dal sonno mattutino, senza guardare né a destra né a sinistra, forse italiano, passa repentinamente dal marciapiede alla strada.
Ci troviamo di fronte l’uno all’altro, alza la testa, mi guarda come risvegliato da un sonno profondo,alza le spalle in segno di scusa.
Gli sorrido, alzo le spalle anch’io e penso…”sono cose che succedono”.
Ogni giorno si compiono slalom in mezzo alle incertezze dalla quotidianità.
Molti sviluppano la propria capacità di adattamento, diventando atleti dello slalom.
Si crea un vero e proprio culto dello “slalomista”.
Lo “slalomista” è quel soggetto che investe la maggior parte delle proprie energie su se stesso, sulle proprie qualità atletiche, per difendersi da un mondo che considera oggetto immodificabile.
Ed il culto diventa un’epidemia che contagia tutti..quasi tutti.
Ogni tanto si incontrano soggetti che fanno esercizio per usare il meno possibile la frase “sono cose che succedono”. Occorre attenzione. Uno spiraglio può diventare una voragine ed aprire l’universo del …”si sa come vanno le cose”.
Ogni giorno lotto come stesso per non rispondere ..”sono cose che succedono”.
Un’eccezione per i simpatici pedoni, però, mi viene di farla.