Valori e debolezze umane

Ogni testo sacro,ogni legge dell’uomo ha avuto la pretesa di risolvere il conflitto tra il bene personale ed il bene comune.
In un mondo ancora da disvelare, alla divinità spetta il compito di dare spiegazioni circa il senso della vita.
Le rivelazioni divine definiscono inoltre le prime regole di conivenza civile.
Regole basata sul buon senso, segnate talvolta dalla contingenza storica piuttosto che dalle ‘limitazioni’ climatiche. Non era saggio consumare carne di maiale nei climi caldi.
Si segnano le prime regole ed si abbassa quindi  il livello del conflitto  tra gli uomini.
Regole che passano indenni attraverso lo scorrere del tempo trasportate dai sicuri vascelli delle sacre scritture.
Parallelamente filosofi e politica, nel porre quesiti sul bene e sul male, tentano risposte al ricorrente problema: come posso vivere felicemente in società senza annullare il valore del soggetto individuale.
Passano i secoli e le riflessioni sul bene e sul male sembrano interessare sempre di meno visto che 925 milioni di persone al mondo, circa 1/7 della popolazione globale, soffrono la fame o sono malnutrite.
Vanità , ansia di potere o desiderio smisurato di autoaffermazione affliggono l’uomo e lo gettano in condizioni di perenne ansia.
Una condizione di perenne debolezza.
Un uomo debole incapace di affermare il valore del bene relazionale vero motore della felicità umana.
Tutte le volte che mi trovo preda delle mie debolezze provo a scavare sotto.
Scavando ritrovo quei valori che mi ridanno la forza di trovare nuove risorse e nuovi percorsi di vita.

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Silenzio delle idee lunghe

tanti piccoli flebili suoni cantano un brusio di fondo accompagna costantemente  le ore della nostra giornata scrivo sul mio iPhone direttamente nella

Per fare tutto ci vuole un fiore

Per fare un tavolo ci vuole il legno, Per fare il legno ci vuole l’albero, Per fare l’albero ci vuole il seme,

2 risposte

  1. le parole di questo post si mescolano ai pensieri di questo mio tempo, che si riflettono anche su cio’ che mi trovo a scrivere e ancora una volta mi vengono in mente queste parole. Scusa se è un po’ lungo.
    .
    Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto interno lordo (PIL). Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.

    Robert F. Kennedy, dal discorso pronunciato all’Università del Kansas 18.03.1968

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